La Mostra    Accoglienza e assistenza al pellegrino

Una volta giunti a Roma, ai pellegrini si presentavano diverse possibilità di alloggio, a seconda del rango e dello status, della disponibilità economica, della provenienza, o a seconda che appartenessero o meno a una compagnia aggregata a una confraternita romana. In generale, l’avvicinarsi dell'anno santo metteva in moto a Roma nei secoli passati, così come accade oggi, un complesso di attività e di iniziative pubbliche, private, o caritatevoli, finalizzate a garantire che in città vi fossero strutture ricettive adeguate, servizi efficaci e un sufficiente approvvigionamento alimentare, per accogliere i numerosi pellegrini di cui si prevedeva l’arrivo. Rispondere alle esigenze con provvedimenti idonei non era cosa da poco, né fu sempre possibile per l’amministrazione pontificia assolvere pienamente al compito con i suoi uffici, magistrature urbane, tribunali, Congregazioni permanenti o appositamente nominate in vista del giubileo, e con le ulteriori strutture di governo che l’hanno caratterizzata nelle diverse epoche. L’iniziativa privata, benefica o con finalità di guadagno, e la rete delle corporazioni e delle strutture associative di tipo assistenziale hanno rappresentato un elemento vitale quanto essenziale dell’accoglienza romana durante gli anni santi.

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Il pellegrinaggio giubilare ha beneficiato fin dai primi anni santi, e in maniera più strutturata a partire dal XVI secolo, del supporto assistenziale e logistico dell’associazionismo confraternale, e in particolare di quello della Confraternita della Santissima Trinità dei Pellegrini e dei Convalescenti, fondata nel 1548 da San Filippo Neri. L’accoglienza e l’ospitalità materiale alla Trinità erano regolate da norme rigorose, e una tempestiva programmazione degli arrivi consentiva di rifornire le cucine e i refettori, predisporre i letti e se necessario affittare ulteriori locali. Momenti essenziali dell’accoglienza erano il rito della lavanda dei piedi e l’offerta del pasto serale, scanditi dalla recita comune di preghiere e litanie, e la visita in processione alle basiliche. Per concessione pontificia le confraternite potevano conseguire l’indulgenza con un numero ridotto di visite, il che permetteva loro di limitare l’ospitalità ai pellegrini. Gli stranieri potevano fare affidamento anche sulle fondazioni nazionali legate ai paesi d’oltralpe, o alle “nazioni” delle diverse aree della penisola italiana. I pellegrini infermi potevano beneficiare dei servizi dei grandi ospedali pubblici romani, come il Santo Spirito in Saxia o, per i più agiati, curarsi anche privatamente, nelle abitazioni o nelle locande e alberghi in cui alloggiavano.

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Alla vigilia dell’anno santo le autorità pontificie mettevano in atto una serie di misure per garantire che Roma fosse preparata a ricevere grandi quantità di visitatori. Malgrado l’importazione massiccia di derrate alimentari e i provvedimenti presi per evitare che tali scorte fossero dirette altrove, l’approvvigionamento alimentare rimase il problema più complesso, e non sempre fu assicurato. In maniera analoga le autorità si impegnavano per garantire alla città la prelazione sulla legna delle zone boschive limitrofe. La penuria di merci, o l'interesse dei privati, potevano comportare una forte oscillazione dei prezzi di beni e servizi, su cui si tentava di esercitare un freno con editti e notificazioni, di cui erano spesso destinatari osti, locandieri e albergatori o privati. Si adottavano inoltre misure rafforzate in materia sanitaria e di pubblica sicurezza. La produzione normativa delle autorità civili era affiancata dalla grande quantità di provvedimenti emanati dalle magistrature di governo ecclesiastico, in particolare dal Vicariato di Roma e dal suo Tribunale, che incidevano essenzialmente sulla”pubblica moralità”, sul comportamento in luoghi pubblici e talvolta privati, sulle forme della socialità, sull’abbigliamento, sulla disciplina, sulle abitudini del clero, sullo svolgimento delle processioni o, ancora, sulla cura delle chiese e dei luoghi di culto.

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